INTERVENTO AL
SEMINARIO REGIONALE “CONTINUITA’ E ORIENTAMENTO FORMATIVO” PRESSO L’HOTEL
DELLA VALLE DI AGRIGENTO.
Le
Indicazioni Nazionali per il curricolo di cui alla bozza del 30 maggio
2012 confermano, nella sostanza, il concetto di curricolo, cioè di quanto di
meglio è stato sperimentato ed acquisito in termini pedagogici e didattici
negli ultimi trent’anni sull’insegnamento-apprendimento “student-centered”, e
tutto ciò indipendentemente dalla mediazione linguistica operata dal governo
che ha cercato di sintetizzare le Indicazioni nazionali del Ministro Moratti e
le Indicazioni sul curricolo del Ministro Fioroni.
Infatti, il riferimento fondante delle nuove Indicazioni sono quelle del 2007,
ben diverse dalle precedenti che di fatto avevano accantonato il “curricolo”
introducendo improbabili piani di studio e quant’altro.
D’altra parte avere introdotto in esse il “profilo dello studente” al termine
del primo ciclo di istruzione che comprende tra gli obiettivi generali
anche “le competenze chiave per l’apprendimento permanente”, già definite dal
Parlamento Europeo con raccomandazione del 18/12/2006, oltre che a colmare una
lacuna conferma, significa uscire dal provincialismo culturale che ha insistito
troppo a lungo sulla presunta diversità del sistema scolastico italiano
rispetto al resto d’Europa.
La conferma del concetto di curricolo e il suo rafforzamento in senso verticale
consentono di affrontare, finalmente, la tematica della continuità formativa in
senso verticale ed orizzontale, in quanto il curricolo è l’insieme delle
attività esplicite ed implicite progettate per colui che apprende. Vengono
eliminate, in tal modo, le cesure tra i vari segmenti scolastici che hanno
impedito la progettazione di un vero e proprio orientamento formativo e lo
sviluppo delle relative competenze dei nostri allievi.
La continuità formativa coerentemente progettata in un curricolo verticale,
senza soluzione di continuità, consente di progettare l’orientamento degli
alunni fin dalla più tenera età alla fine dell’obbligo scolastico ed al
completamento del percorso di studi nella secondaria di secondo grado.
Infatti, l’orientamento dei giovani è imprescindibile dal contesto educativo e
scolastico ma, in particolare, è segnato dalla relazione con gli insegnanti che
li “orienta” anche nel caso in cui nessun consiglio di classe o nessun docente
si pongano consapevolmente l’obiettivo di farlo. A scuola non si può non
orientare: lo si può fare in modo indiretto, involontario attraverso
l’attrazione verso la disciplina provocata dagli insegnanti, oppure attraverso
la repulsione verso la disciplina sempre per responsabilità dei docenti. Ma
anche in un modo diretto e consapevole: attraverso un’attività mirata dei
docenti di attribuzione di senso a ciò che si fa nell’attività didattica.
Pertanto, occorre chiedersi in che modo sia possibile per i docenti impostare
la questione in termini professionali per individuare quali abilità sviluppare
nel lavoro in classe per aiutare i giovani ad auto-orientarsi in maniera
consapevole.
Appare opportuno, accanto alle azioni orientative specifiche quali
l’accoglienza, l’accompagnamento, la consulenza, focalizzare l’attenzione sulle
risorse e le possibilità offerte dal curricolo esplicito ed implicito,
attraverso le discipline e le attività scolastiche, e come, attraverso queste,
fare orientamento.
Orientamento
formativo e competenze orientative
Proviamo a comprendere meglio cos’è l’orientamento formativo (o
didattica orientativa) cercando di definire il termine “orientarsi” nei
seguenti modi:
- analizzare le risorse personali degli alunni
in termini non solo di interessi e attitudini, ma anche di conoscenze e
competenze acquisite;
- esaminare le opportunità del mercato del
lavoro e della sua evoluzione;
- mettere in relazione le risorse personali
degli alunni con queste opportunità;
- assumere decisioni in modo responsabile in
forma singola ed in relazione al gruppo;
- progettare in autonomia lo sviluppo delle
proprie competenze e le strategie ad esso necessarie;
- monitorare ed eventualmente modificare le
esperienze in corso.
La direttiva 487/1997 definisce l’orientamento “un insieme di attività che
mirano a formare e a potenziare le capacità degli studenti di conoscere se
stessi, l’ambiente in cui vivono, i mutamenti culturali e socio-economici, le
offerte formative, affinché possano essere protagonisti di un personale
progetto di vita e partecipare allo studio e alla vita familiare e sociale in
modo attivo, paritario e responsabile”.
Per realizzare tutto ciò lo studente deve sviluppare ed acquisire apposite competenze
orientative che sono un “insieme di caratteristiche, abilità,
atteggiamenti e motivazioni personali che sono necessari al soggetto per
gestire con consapevolezza ed efficacia la propria esperienza formativa e
lavorativa”.
A tal
fine le competenze orientative vengono distinte in:
- competenze orientative specifiche,
finalizzate alla risoluzione di compiti definiti e circoscritti che
caratterizzano le diverse esperienze personali e relative a “una sfera di vita
specifica”;
- competenze orientative generali, finalizzate
all’acquisizione di una cultura e un metodo orientativo (auto-orientamento):
esse sono propedeutiche allo sviluppo di competenze specifiche e si
acquisiscono durante l’età evolutiva (scuola, agenzie formative, famiglia)
attraverso:
· esperienze spontanee;
· azioni intenzionali, finalizzate a sviluppare
una mentalità o un metodo orientativo attraverso i saperi formali ( per esempio
attraverso la didattica orientativa).
I punti
cardine
Appare evidente che l’orientamento formativo (o la didattica
formativa) deve essere presente in tutte le attività formative sia del primo
sia del secondo ciclo scolastico. Si tratta di declinare il curricolo verticale
secondo un’ottica funzionale a delle azioni che mettano i discenti in grado di
cominciare ad auto-orientarsi, elaborando progetti di vita e di scegliere
in autonomia, partendo dall’analisi dei propri interessi e delle proprie
attitudini attraverso gli ambiti disciplinari.
In estrema sintesi gli obiettivi fondamentali che gli alunni dovrebbero
raggiungere attraverso l’orientamento formativo sono:
- utilizzare le discipline per scoprire in
ciascuna qual è la sua peculiare visuale del mondo reale, mai tralasciando le
interrelazioni tra i saperi;
- imparare saperi, procedure, metodi da
ciascuna disciplina in modo stabile e consapevole in stretta spendibilità nel
mondo reale.
Per il
raggiungimento di questi obiettivi, possono essere individuati quattro punti
cardine che sostengono l’orientamento formativo, due dei quali riguardano il cosa (insegnare-apprendere,
cosa utilizzare delle risorse disciplinari) e due il come (strategie
di insegnamento-apprendimento e con quali modelli di progettazione).
Cosa fare,
punto 1: traguardi di apprendimento (abilità)
Si ritiene opportuno scomporre queste le competenze in abilità, in
quanto risulta più agevole osservarle e misurarne l’ effettiva acquisizione.
Poiché sapersi orientare significa essere in possesso di strumenti cognitivi,
emotivi e relazionali, le abilità da promuovere sono:
- le abilità comunicative che
consentono di decodificare e di produrre informazioni, verbali e non, e di
avvalersi anche degli strumenti di comunicazione di massa;
- le abilità cognitive, logiche e
metodologiche, che consentono di capire ed elaborare il pensiero astratto
e di acquisire un buon metodo di apprendimento,
- le abilità meta cognitive che consentono di
decentrare il pensiero verso il futuro (previsioni, progetti) e verso il
passato (monitoraggio ed autovalutazione), ma anche risolvere i problemi, per
svolgere responsabilmente un compito, per assumere decisioni e per imparare ad
imparare;
- le abilità meta emozionali, personali e sociali,
che consentono di acquisire consapevolezza, autocontrollo, motivazione e di
imparare a stare con gli altri in modo costruttivo e collaborativo, imparando a
padroneggiare le dinamiche della vita sociale (soft skills).
Si tratta di abilità trasversali, acquisibili tramite tutte le discipline, che
sono garanzia di flessibilità e di adattabilità all’imprevisto, indispensabili
nella società della conoscenza e del cambiamento.
In ultima analisi, esse consentono una effettiva conoscenza di sé, nel senso di
diventare consapevole della propria cognitività, emotività e socialità, delle
proprie potenzialità e dei propri limiti, dei propri interessi e delle proprie
aspirazioni.
Cosa fare,
punto 2: le conoscenze disciplinari dichiarative e procedurali
Considerato che ciascuna disciplina è un insieme strutturato di
conoscenze/nozioni ma anche di procedure, la seconda sequenza consiste nel
sezionare le discipline e selezionare alcuni segmenti, per farne oggetto di
insegnamento-apprendimento affinché diventino modelli di comprensione autonoma
della realtà, di attivazione di processi di pensiero e di emozioni, di
trasformazione delle acquisizioni in sviluppo cognitivo. In particolare, si
individuano:
- le conoscenze dichiarative fondamentali
( dati e informazioni, concetti che diano un quadro del mondo contemporaneo
nella sua dimensione di realtà sociale esterna);
- le conoscenze procedurali (operazioni
cognitive e metodo di ricerca che siano alla base della capacità logiche, di
comprendere e produrre pensiero astratto, di acquisire un metodo personale di
indagine e di studio).
All’interno delle discipline deve essere presente una attenzione particolare
all’organizzazione e agli aspetti che caratterizzano il mondo del lavoro
(tecnologie, professionalità, occupazione e disoccupazione, mobilità).
Come agire,
punto 1: le strategie di insegnamento funzionali alle strategie di
apprendimento
Per garantire il successo nell’apprendimento e per sostenere la trasformazione
delle conoscenze in abilità e, quindi, in competenze è indispensabile operare
precise scelte dei metodi di insegnamento, optando per quelli più idonei alla
costruzione di un metodo di apprendimento.
In una società in cui la diversità, o meglio l’alterità, è diventata una nuova
ricchezza una prima scelta è quella di favorire strategie che consentano l’individualizzazione e
la personalizzazione dell’apprendimento in modo che, accanto
all’apprendimento di gruppo, sia valorizzato ogni stile di apprendimento
attraverso la differenziazione didattica.
Senza tralasciare l’apprendimento di gruppo perché metodologie come il
cooperative learning o la ricerca-azione sono strumenti validi e collaudati.
Come agire,
punto 2: modelli di progettazione del lavoro con la classe e di “stage
formativi”
La quarta e ultima sequenza è quella relativa alla scelta di modelli di
progettazione operativa che implementino un processo di apprendimento efficace
che abbia come finalità la certificazione delle competenze acquisite dagli
alunni in itinere (per esempio la certificazione delle competenze alla fine del
primo ciclo, che rimane sempre una certificazione di accompagnamento) e,
soprattutto, in uscita (tale potrebbe definirsi quella del primo biennio del
secondo ciclo e in ogni caso, quella della conclusione del secondo ciclo).
Questa è la dimensione del curricolo organizzato per moduli brevi, della
progettazione, della valutazione e della certificazione delle competenze. Di
competenze che, per loro stessa definizione, necessitano di essere acquisite in
situazione e certificate da enti esterni alla stessa istituzione scolastica.
Ecco farsi avanti di una progettualità di qualità, quale, per esempio, può
definirsi quella dei Piani integrati “Convergenza” per le regioni del sud
come la Sicilia o, meglio, di progetti speciali come il
“Leonardo” che prevedono un’esperienza di stage formativi all’estero,
funzionale prioritariamente all’acquisizione di competenze linguistiche e
tecniche, sempre necessarie per la mobilità sociale, ma anche di competenze,
per l’appunto, meta cognitive, come la capacità di prendere decisioni, di
relazionarsi con gli altri che vanno ben al di là delle competenze tecniche
(soft skills). Tali progetti sono fondamentali per l’auto-orientamento degli
alunni in funzione della definizione del progetto di vita e della ricerca di
una collocazione nel mondo del lavoro.
In conclusione, si può affermare che non si tratta semplicemente di fare una
“buona didattica” ma di farne una mirata specificamente all’acquisizione di
competenze orientative generali che siano alla base dell’acquisizione
competenze orientative specifiche, attraverso la costruzione nell’arco che va
dai sei anni ai diciannove anni, di strategie idonee a costruire competenze
utili per la ideazione di un proprio progetto di vita.
A tal
fine, le Nuove Indicazioni Nazionali per il curricolo sembrano indicare la
strada giusta per tutti gli ordini di scuola.
Prof. Vincenzo Fontana
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