martedì 29 dicembre 2015

VINCENZO FONTANA, Orientamento formativo e competenze orientative

INTERVENTO AL SEMINARIO  REGIONALE “CONTINUITA’ E ORIENTAMENTO FORMATIVO” PRESSO L’HOTEL DELLA VALLE DI  AGRIGENTO.


Le Indicazioni Nazionali per il  curricolo di cui alla bozza del 30 maggio 2012 confermano, nella sostanza, il concetto di curricolo, cioè di quanto di meglio è stato sperimentato ed acquisito in termini pedagogici e didattici negli ultimi trent’anni sull’insegnamento-apprendimento “student-centered”, e tutto ciò indipendentemente dalla mediazione linguistica operata dal governo che ha cercato di sintetizzare le Indicazioni nazionali del Ministro Moratti e le Indicazioni sul curricolo del Ministro Fioroni.
   Infatti, il riferimento fondante delle nuove Indicazioni sono quelle del 2007, ben diverse dalle precedenti che di fatto avevano accantonato il “curricolo” introducendo improbabili piani di studio e quant’altro.
   D’altra parte avere introdotto in esse il “profilo dello studente” al termine del primo ciclo di istruzione  che comprende tra gli obiettivi generali anche “le competenze chiave per l’apprendimento permanente”, già definite dal Parlamento Europeo con raccomandazione del 18/12/2006, oltre che a colmare una lacuna conferma, significa uscire dal provincialismo culturale che ha insistito troppo a lungo sulla presunta diversità del sistema scolastico italiano rispetto al resto d’Europa.
   La conferma del concetto di curricolo e il suo rafforzamento in senso verticale consentono di affrontare, finalmente, la tematica della continuità formativa in senso verticale ed orizzontale, in quanto il curricolo è l’insieme delle attività esplicite ed implicite progettate per colui che apprende. Vengono eliminate, in tal modo, le cesure tra i vari segmenti scolastici che hanno impedito la progettazione di un vero e proprio orientamento formativo e lo sviluppo delle relative competenze dei nostri allievi.
   La continuità formativa coerentemente progettata in un curricolo verticale, senza soluzione di continuità, consente di progettare l’orientamento degli alunni fin dalla più tenera età alla fine dell’obbligo scolastico  ed al completamento del percorso di studi nella secondaria di secondo grado.
   Infatti, l’orientamento dei giovani è imprescindibile dal contesto educativo e scolastico ma, in particolare, è segnato dalla relazione con gli insegnanti che li “orienta” anche nel caso in cui nessun consiglio di classe o nessun docente si pongano consapevolmente l’obiettivo di farlo. A scuola non si può non orientare: lo si può fare in modo indiretto, involontario attraverso l’attrazione verso la disciplina provocata dagli insegnanti, oppure attraverso la repulsione verso la disciplina sempre per responsabilità dei docenti. Ma anche in un modo diretto e consapevole: attraverso un’attività mirata dei docenti di attribuzione di senso a ciò che si fa nell’attività didattica.
   Pertanto, occorre chiedersi in che modo sia possibile per i docenti impostare la questione in termini professionali per individuare quali abilità sviluppare nel lavoro in classe per aiutare i giovani ad auto-orientarsi in maniera consapevole.
   Appare opportuno, accanto alle azioni orientative specifiche quali l’accoglienza, l’accompagnamento, la consulenza, focalizzare l’attenzione sulle risorse e le possibilità offerte dal curricolo esplicito ed implicito, attraverso le discipline e le attività scolastiche, e come, attraverso queste, fare orientamento.

Orientamento formativo e competenze orientative

   Proviamo a comprendere meglio cos’è l’orientamento formativo (o didattica orientativa) cercando di definire il termine “orientarsi” nei seguenti modi:
-     analizzare le risorse personali degli alunni in termini non solo di interessi e attitudini, ma anche di conoscenze e competenze acquisite;
-     esaminare le opportunità del mercato del lavoro e della sua evoluzione;
-     mettere in relazione le risorse personali degli alunni con queste opportunità;
-     assumere decisioni in modo responsabile in forma singola ed in relazione al gruppo;
-     progettare in autonomia lo sviluppo delle proprie competenze e le strategie ad esso necessarie;
-     monitorare ed eventualmente modificare le esperienze in corso.
   La direttiva 487/1997 definisce l’orientamento “un insieme di attività che mirano a formare e a potenziare le capacità degli studenti di conoscere se stessi, l’ambiente in cui vivono, i mutamenti culturali e socio-economici, le offerte formative, affinché possano essere protagonisti di un personale progetto di vita e partecipare allo studio e alla vita familiare e sociale in modo attivo, paritario e responsabile”.
   Per realizzare tutto ciò lo studente deve sviluppare ed acquisire apposite competenze orientative che sono un “insieme di caratteristiche, abilità, atteggiamenti e motivazioni personali che sono necessari al soggetto per gestire con consapevolezza ed efficacia la propria esperienza formativa e lavorativa”.
 A tal fine le competenze orientative vengono distinte in:
-     competenze orientative specifiche, finalizzate alla risoluzione di compiti definiti e circoscritti che caratterizzano le diverse esperienze personali e relative a “una sfera di vita specifica”;
-    competenze orientative generali, finalizzate all’acquisizione di una cultura e un metodo orientativo (auto-orientamento): esse sono propedeutiche allo sviluppo di competenze specifiche e si acquisiscono durante l’età evolutiva (scuola, agenzie formative, famiglia) attraverso:
·        esperienze spontanee;
·   azioni intenzionali, finalizzate a sviluppare una mentalità o un metodo orientativo attraverso i saperi formali ( per esempio attraverso la didattica orientativa).

I punti cardine

   Appare evidente che l’orientamento formativo (o la didattica formativa) deve essere presente in tutte le attività formative sia del primo sia del secondo ciclo scolastico. Si tratta di declinare il curricolo verticale secondo un’ottica funzionale a delle azioni che mettano i discenti in grado di cominciare ad auto-orientarsi, elaborando progetti di vita  e di scegliere in autonomia, partendo dall’analisi dei propri interessi e delle proprie attitudini attraverso gli ambiti disciplinari.
   In estrema sintesi gli obiettivi fondamentali che gli alunni dovrebbero raggiungere attraverso l’orientamento formativo sono:
-     utilizzare le discipline per scoprire in ciascuna qual è la sua peculiare visuale del mondo reale, mai tralasciando le interrelazioni tra i saperi;
-     imparare saperi, procedure, metodi da ciascuna disciplina in modo stabile e consapevole in stretta spendibilità nel mondo reale.
  Per il raggiungimento di questi obiettivi, possono essere individuati quattro punti cardine che sostengono l’orientamento formativo, due dei quali riguardano il cosa (insegnare-apprendere, cosa utilizzare delle risorse disciplinari) e due il come (strategie di insegnamento-apprendimento e con quali modelli di progettazione).

Cosa fare, punto 1: traguardi di apprendimento (abilità)

   Si ritiene opportuno scomporre queste le competenze in abilità, in quanto risulta più agevole osservarle e misurarne l’ effettiva acquisizione.
   Poiché sapersi orientare significa essere in possesso di strumenti cognitivi, emotivi e relazionali, le abilità da promuovere sono:
-     le abilità comunicative che consentono di decodificare e di produrre informazioni, verbali e non, e di avvalersi anche degli strumenti di comunicazione di massa;
-     le abilità cognitive, logiche e metodologiche, che consentono di capire ed elaborare  il pensiero astratto e di acquisire un buon metodo di apprendimento,
-  le abilità meta cognitive che consentono di decentrare il pensiero verso il futuro (previsioni, progetti) e verso il passato (monitoraggio ed autovalutazione), ma anche risolvere i problemi, per svolgere responsabilmente un compito, per assumere decisioni e per imparare ad imparare;
- le abilità meta emozionalipersonali e sociali, che consentono di acquisire consapevolezza, autocontrollo, motivazione e di imparare a stare con gli altri in modo costruttivo e collaborativo, imparando a padroneggiare le dinamiche della vita sociale (soft skills).
   Si tratta di abilità trasversali, acquisibili tramite tutte le discipline, che sono garanzia di flessibilità e di adattabilità all’imprevisto, indispensabili nella società della conoscenza e del cambiamento.
    In ultima analisi, esse consentono una effettiva conoscenza di sé, nel senso di diventare consapevole della propria cognitività, emotività e socialità, delle proprie potenzialità e dei propri limiti, dei propri interessi e delle proprie aspirazioni.

Cosa fare, punto 2: le conoscenze disciplinari dichiarative e procedurali

   Considerato che ciascuna disciplina è un insieme strutturato di conoscenze/nozioni ma anche di procedure, la seconda sequenza consiste nel sezionare le discipline e selezionare alcuni segmenti, per farne oggetto di insegnamento-apprendimento affinché diventino modelli di comprensione autonoma della realtà, di attivazione di processi di pensiero e di emozioni, di trasformazione delle acquisizioni in sviluppo cognitivo. In particolare, si individuano:
-     le conoscenze dichiarative fondamentali ( dati e informazioni, concetti che diano un quadro del mondo contemporaneo nella sua dimensione di realtà sociale esterna);
-     le conoscenze procedurali (operazioni cognitive e metodo di ricerca che siano alla base della capacità logiche, di comprendere e produrre pensiero astratto, di acquisire un metodo personale di indagine e di studio).
   All’interno delle discipline deve essere presente una attenzione particolare all’organizzazione e agli aspetti  che caratterizzano il mondo del lavoro (tecnologie, professionalità, occupazione e disoccupazione, mobilità).

Come agire, punto 1: le strategie di insegnamento funzionali alle strategie di apprendimento

    Per garantire il successo nell’apprendimento e per sostenere la trasformazione delle conoscenze in abilità e, quindi, in competenze è indispensabile operare precise scelte dei metodi di insegnamento, optando per quelli più idonei alla costruzione di un metodo di apprendimento.
   In una società in cui la diversità, o meglio l’alterità, è diventata una nuova ricchezza una prima scelta è quella di favorire strategie che consentano l’individualizzazione e la personalizzazione dell’apprendimento in modo che, accanto all’apprendimento di gruppo, sia valorizzato ogni stile di apprendimento attraverso la differenziazione didattica.
   Senza tralasciare l’apprendimento di gruppo perché metodologie come il cooperative learning o la ricerca-azione sono strumenti validi e collaudati.

Come agire, punto 2: modelli di progettazione del lavoro con la classe e di “stage formativi”

   La quarta e ultima sequenza è quella relativa alla scelta di modelli di progettazione operativa che implementino un processo di apprendimento efficace che abbia come finalità la certificazione delle competenze acquisite dagli alunni in itinere (per esempio la certificazione delle competenze alla fine del primo ciclo, che rimane sempre una certificazione di accompagnamento) e, soprattutto, in uscita (tale potrebbe definirsi quella del primo biennio del secondo ciclo e in ogni caso, quella della conclusione del secondo ciclo).
   Questa è la dimensione del curricolo organizzato per moduli brevi, della progettazione, della valutazione e della certificazione delle competenze. Di competenze che, per loro stessa definizione, necessitano di essere acquisite in situazione e certificate da enti esterni alla stessa istituzione scolastica. Ecco farsi avanti di una progettualità di qualità, quale, per esempio, può definirsi quella dei Piani integrati “Convergenza” per le regioni del sud come  la Sicilia o, meglio, di progetti speciali come il “Leonardo” che prevedono un’esperienza di stage formativi all’estero, funzionale prioritariamente all’acquisizione di competenze linguistiche e tecniche, sempre necessarie per la mobilità sociale, ma anche di competenze, per l’appunto, meta cognitive, come la capacità di prendere decisioni, di relazionarsi con gli altri che vanno ben al di là delle competenze tecniche (soft skills). Tali progetti sono fondamentali per l’auto-orientamento degli alunni in funzione della definizione del progetto di vita e della ricerca di una collocazione nel mondo del lavoro.
   In conclusione, si può affermare che non si tratta semplicemente di fare una “buona didattica” ma di farne una mirata specificamente all’acquisizione di competenze  orientative generali che siano alla base dell’acquisizione competenze orientative specifiche, attraverso la costruzione nell’arco che va dai sei anni ai diciannove anni, di strategie idonee a costruire competenze utili per la ideazione di un proprio progetto di vita.
   A tal fine, le Nuove Indicazioni Nazionali per il curricolo sembrano indicare la strada giusta per tutti gli ordini di scuola.


Prof. Vincenzo Fontana

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